L’architettura, quella strana materia di cui non si riesce a capire veramente quale sia la fonte da cui prenda vita. Essa è un intreccio di argomenti che partono dalla geometria, al disegno all’arte fino a passare alla scienza che è a servizio dell’architettura ma non si comprende che cosa sia realmente l’architettura, non si comprende a chi e a che cosa appartiene la definizione degli spazi come luoghi deputati a gestire, direzionare e contornare le azioni di un comportamento umano.
Molti teorici e i moderni architetti ruotavano sempre attorno ad un concetto di architettura come un’espressione formale di tipo artistico, quindi legato alla capacità, se si può dire così, individuali di espressione, definendo degli spazi architettonici un valore più estetico. Se per una volta pensiamo invece che la protagonista di questa arte non è più l’individualismo dell’architetto ma un’altalena di leggi della natura da cui l’uomo è sempre dipeso e che osservò attentamente fino a capire ogni suo strumento per creare l’indefinito e lo smisurato.
Osservando ciò che la natura ha sempre messo a disposizione, l’architetto cercava di dare un ordine gerarchico, se così si può definire, ai materiali che aveva, quasi dandogli una dignità e una loro personalità. D'altronde un mattone non potrà mai sostituirsi all’eleganza del vetro. Così l’architetto è come se avesse quasi ascoltato ciò che il mattone volesse diventare e fu così che lo posizionò per la realizzazione di un arco. Stabile, possente ed eterno.
Ogni materiale scoperto ha portato a nuove forme, nuove regole compositive di cui l’architetto si è servito, dettando insieme alla natura una sorta di legge della costruzione da cui ha generato tutto ciò che ci circonda.
A questo punto, credo che sia giusto dire che l’architettura sia nata dalla natura e dalla sua interpretazione.
Giulia Nari
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